Il suono della frusta in Romagna
Durante sagre e feste popolari può capitare di imbattersi in uno spettacolo inconfondibile: quello degli s-ciucarèn, i suonatori di frusta che, a tempo di musica, fanno vibrare l'aria con i loro schiocchi. Quella che oggi è diventata una disciplina sportiva riconosciuta, con gare fino a livello mondiale, ha radici antiche che affondano nella tradizione contadina romagnola.
In origine, infatti, la frusta non era pensata per l'intrattenimento: era lo strumento con cui i contadini guidavano i buoi durante l'aratura. Con l'arrivo dei mezzi agricoli a motore, la figura degli s-ciucarèn è scomparsa dai campi, ma non dalle piazze: lì la frusta si è trasformata in arte, diventando parte integrante delle feste popolari grazie al perfetto coordinamento di ritmo e figure.
Una delle famiglie più note di questa tradizione è quella dei Cassani di Solarolo. Angelo, il capostipite, negli anni '30 usava la frusta per accompagnare i cavalli dei birocciai e, al rientro dal lavoro, per comunicare a distanza con la moglie grazie a schiocchi riconoscibili come un codice. Cresciuto, portò questo strumento dalle strade alle feste paesane: prima con la banda, poi con le orchestre da ballo. Negli anni '80 coinvolse anche i figli, trasformando quella che era stata una necessità quotidiana in un gruppo capace di esibirsi in tutta la Romagna. Da allora, la frusta ha accompagnato non solo polke e mazurke, ma anche nuove forme di musica folk e spettacoli coreografici.
Ogni schiocco racconta una tradizione viva, fatta di mani esperte, memoria contadina e un po’ di sana spigliatezza romagnola.
Come è fatta una frusta?
Dietro a quello schiocco secco e sorprendente c'è un oggetto costruito con cura. Il manico viene spesso ricavato dal legno di bagolaro, resistente e flessibile, mentre l'anima è realizzata con fibre naturali. Alla corda di canapa o di pelle viene fissato un filo di nylon che, muovendosi a velocità impressionante, supera il muro del suono: ecco perché il rumore si sente così forte.
Non serve colpire il terreno per generare il caratteristico “ciocco”: è il filo terminale che, viaggiando a oltre 1.200 km/h, produce quello schiocco che oggi è il cuore di una tradizione romagnola unica e affascinante.
Fonte: faenzaondemand.it